La Comunità Ebraica
Attualmente
non ci sono più famiglie di religione ebraica residenti a Crescentino,
ma altrove si trovano numerosi discendenti di gruppi familiari
stanziatisi nella nostra città fin dal 1621. I ceppi più importanti
erano rappresentati dai Jona, Foa, Moise, Amar, Luzzati, Segre e
Sacerdote. Alcuni provenivano da Trino e Vercelli, altri da Moncalvo. La
dolorosa vicenda della diaspora che in epoche diverse spinse gli ebrei a
prendere dimora in Piemonte non è ancora stata sufficientemente
studiata, ma le motivazioni della fuga di interi clan dalla Francia e
dalla Spagna per raggiungere le nostre terre sono quasi tutte
riconducibili a provvedimenti restrittivi. I loro quartieri divennero
una sorta di domicilio coatto sotto il nome di Judaica (di qui la
Giudecca di Venezia) e successivamente vennero denominati ghetti, da
getto (in veneziano gheto), perché proprio a Venezia l'accampamento
degli ebrei si trovava vicino a una fonderia di metalli. Nel ducato
sabaudo la regolamentazione dei rapporti fra gli ebrei e lo stato venne
affrontata per la prima volta nel 1430 da Amedeo Vili, il quale,
riprendendo alcuni precedenti statuti, stabiliva che essi potevano
abitare in tutti i suoi domini e, inoltre, doveva cessare ogni molestia
nei loro confronti.
Fra le altre disposizioni, il duca proibiva agli ebrei di
comperare la carne nel pubblico macello che a Crescentino si trovava al
pian terreno del palazzo comunale, obbligandoli ad avere un proprio
servizio. Curiosa è un'altra norma, con la quale si inibiva agli ebrei
di chiedere privilegi, sotto pena di nullità della concessione stessa, a
causa della loro subdola invadenza, un giudizio stereotipo recepito dal
legislatore di quel tempo. La loro dimora a Crescentino non era
relegata ad un ghetto, come a Moncalvo e a Vercelli, ma era ammessa in
forza di concessioni temporanee. Per tale "tolleranza", essi dovevano
versare all'erario una elevatissima tassa denominata stagio. Inoltre,
sulle loro dimore abituali, vigeva il gazacà, ovvero uno speciale
vincolo giuridico che li precludeva dal possedere beni immobili. Ad onta
dei suddetti inasprimenti, la situazione degli ebrei a Crescentino come
negli altri paesi vicini fu meno dura rispetto a quella di altre città
italiane.
Quantunque esclusi dalla vita pubblica e dalle professioni
liberali (ad eccezione della medicina), essi parteciparono alla cultura,
recando importanti contributi. Il prestito su pegno che essi
praticavano di preferenza accanto ai banchi feneratizi e ad altre più
complesse operazioni, costituì la fonte economica primaria di
sostentamento. Le necessità creditizie e l'esigenza di corrispondere
censi dietro pagamento della tassa di concessione (tuitio regia),
spinsero i duchi sabaudi ad accordare l'istituzione di nuovi banchi in
Piemonte, riconosciuti e tutelati. Le ultime famiglie ebraiche residenti
a Crescentino, erano proprietarie dell'ex convento francescano di via
Dalmazia e del palazzo situato all'inizio di via F.Bena, già sede della
Banca Popolare di Novara, detto appunto casa Jona.