Il periodo Napoleonico

Crescentino, che con regie patenti del 15 giugno 1752 aveva ottenuto il titolo di città, venne eretta da marchesato in principato e concessa in feudo a Benedetto Maurizio, duca di Chiablese. L'anacronistico provvedimento fu male accolto dalla cittadinanza, perché significava nuovamente un aggravio fiscale ed un ritorno al passato. Intanto, la propaganda rivoluzionaria che dalla Francia filtrava attraverso i ceti borghesi, era favorita dal diffondersi del malcontento. Sorsero così le prime ipotesi di riforme, ma il sovrano non solo manteneva un atteggiamento ostile, ma si dimostrava insensibile anche ai forti richiami suscitati dal vento della rivoluzione francese. A Vercelli, nel 1790, il sussulto della borghesia per taluni privilegi nobiliari provocò l'arresto di alcune persone.
tl_files/file_e_immagini/Images/pagine_web/crescentino5.gifFu durante questi avvenimenti che comparve il giacobino Giovanni Antonio Ranza, costretto poi a nascondersi per sfuggire alle persecuzioni poliziesche. Altre manifestazioni seguirono fino all'arrivo dei francesi nel 1796 e, a Crescentino, le truppe provocarono devastazioni alle confraternite, ma ancor di più furono i danni degli austro-russi che nell'agosto del 1799 costrinsero i crescentinesi con la violenza alla consegna di ingenti quantità di granaglie, farina e fieno ai soldati diretti ad Alessandria.
La prospettiva di annessione alla Francia aveva provocato dei torbidi ovunque, repressi con la forza dal generale Grouchy, comandante in Piemonte, mentre Suvarov, a capo degli austro-russi, dopo aver vinto prima il generale francese Scherer e poi il suo successore Moreau a Cassano, si avvicinava a Torino. In questa circostanza si costituì la formazione di irregolari antifrancesi detti Massa Cristiana del Brandalucioni, già ufficiale al soldo dell'Austria, che seminò terrore e disordini. L'anarchia e il brigantaggio crebbero a tal punto che il comune di Crescentino dovette costituire un gruppo di cittadini armati per l'estirpazione dei malviventi. Essi avevano il compito di pattugliare le strade di giorno e di notte, soprattutto le vie di accesso al paese, onde prevenire fatti delittuosi, come furti, grassazioni e omicidi.
Fra gli avvenimenti che nel 1799 fecero maggiormente scalpore ci fu il passaggio di papa Pio VI da Crescentino, condotto prigioniero in Francia. Per evitare che il pontefice accendesse il fanatismo delle folle, venne scelta la strada Casale-Torino, attraverso Trino e Crescentino. Il vescovo di Casale, Ferrerò della Marmerà, ne dava avviso ai padri filippini di Crescentino, affinchè predisponessero un locale per il pernottamento del papa. Enorme dovette essere lo sbigottimento dei crescentinesi, quando il 23 aprile videro giungere in una carrozza trainata da quattro cavalli il capo della cristianità, vecchio e malato, accompagnato solo dai monsignori Spina e Caracciolo e, scortato da un capitano e venti dragoni francesi, pernottare nella casa parrocchiale per poi essere esiliato in Francia.
Con la vittoria di Marengo, ottenuta da Napoleone, ritornò la pace e la stabilità, ma la grave crisi finanziaria favorì il processo di annessione del Piemonte alla Francia (11 settembre 1802). Poco prima vennero aboliti gli ordini religiosi e i loro beni incamerati, ad eccezione di quei sodalizi che avevano come scopo l'istruzione o l'assistenza agli infermi. A Crescentino il provvedimento colpì la congregazione dei padri filippini, i francescani, nonché le proprietà delle confraternite. Dopo un mese dall'emanazione del decreto del 28 Termidoro anno X (15 agosto 1802), il convento situato nella contrada Chiò (oggi via Dalmazia) dovette essere sgomberato, mentre i filippini, oltre all'abbandono del loro edificio di via Degregori, furono costretti a cedere la titolarità della parrocchia al clero secolare. A tutti i religiosi venne fatto divieto di indossare gli abiti del proprio ordine: dei beni messi all'incanto, quasi nulla potè essere salvato. Statue, quadri, libri, suppellettili e arredi sacri vennero dispersi e venduti al miglior offerente.
La borghesia crescentinese, spinta dalle circostanze e dai successi ottenuti da Napoleone, aderì pragmaticamente al corale tripudio che annunciava l'annessione del Piemonte alla Francia, soffocando le pur esistenti ma timide voci dei tradizionalisti, fedeli alla monarchia sabauda. I maires di Cresccntine, più per opportunismo che per convinzione, si uniformarono alle rigide direttive dei prefetti, su cui poggiava il principio dell'unità politica dello stato, fornendo minuziosi elenchi informativi sulla capacità contributiva della città. Fra questi notabili, che esercitavano professioni liberali in genere più aperte alle nuove idee, spicca la figura dell'avvocato Gaspare Degregori (1768-1846), che ricoprì incarichi vari nella commissione fiscale e, nel 1801, entrò come sottoprefetto nel circondario di Lanzo. Su proposta del generale Jourdan venne poi nominato da Napoleone commissario governativo, ossia procuratore imperiale presso i tribunali di prima istanza di Asti e Acqui. Nel 1809 passò al corpo legislativo del dipartimento del Sesia, incarico che mantenne fino al 1811, quando fu designato come presidente di camera presso la corte imperiale di Roma.
Quantunque la figura di Gaspare Degregori sia controversa e non sufficientemente studiata, a lui va il merito di aver compiuto una lunga serie di studi sulla Vercellese letteratura ed arti, opera divisa in quattro parti, rilegata in tre tomi, edita a Torino nel 1819-1824. Nel periodo della Restaurazione svolse un'intensa azione diplomatica a favore della città di Crescentino, in merito ai danni provocati dall'occupazione austriaca. Inoltre, individuò nel monaco vercellese Giovanni Gersen da Cavaglià l'autore del libro 1''Imitazione di Cristo, rivendicando a lui la paternità contro coloro che attribuivano tale famoso trattato di ascetica al prussiano Tommaso da Kempis. Fin dal 1802 il consiglio municipale di Crescentino provvide ad attuare le prime disposizioni sul reclutamento dei soldati e, più tardi, dispose la locazione degli stabili evacuati dai francescani e l'acquisizione dell'ex convento dei padri filippini. Furono abbattute le fortificazioni della porta Pareto, sulla strada per Livorno, consentendo l'utilizzo dei sedimi per la costruzione di case civili.
In seguito alle nuove leggi, venne elaborato un progetto per la realizzazione di un nuovo cimitero accanto alla chiesa romanica di San Pietro e la conseguente soppressione di quello urbano, presso la chiesa della Risurrezione. Nel 1808 iniziò la riforma del catasto sotto la dirczione del segretario comunale avvocato Pier Maurizio Degregori, la cui stesura definitiva fu seguita da Alessandro Degregori di Balduc e Paolo Aymonin, in seguito alla morte del Degregori. Un lavoro estremamente utile ed importante, perché per la prima volta si redigeva una mappa parcellare di tutto il territorio, compreso il comune di San Genuario, con l'indicazione della rendita e il nome del proprietario.
L'avvenimento però che fece maggior clamore in quegli anni fu il passaggio di Napoleone da Crescentino nel 1805. Ai primi di luglio, dopo aver assistito ad un solenne Te Deum nella chiesa di San Lorenzo a Genova, l'imperatore ricevette i vescovi dei dipartimenti liguri, distribuì numerose decorazioni, indi partì per Torino, passando per Casale Monferrato e Crescentino. Nella nostra città, alla notizia dell'imminente arrivo del corteo imperiale si fecero imponenti preparativi. Oltre la sistemazione delle strade e gli addobbamenti al palazzo civico, il maire Felice Saracco fece presidiare dal battaglione della Guardia Nazionale il traghetto sulla Dora Baltea, nonché le vie di accesso del paese e, nel contempo, comunicò al comune di Verrua di tenersi pronto nel caso che l'imperatore volesse visitare il castello. Il comune di Livorno Piemonte aveva inviato la banda musicale che si aggiunse ai tamburi locali. Napoleone giunse il giorno 7, accompagnato da prefetti, generali e alti dignitari, tutti accolti da smodate manifestazioni di cortigianeria e con un grandioso cerimoniale. Dopo il pranzo e il pernottamento, ritornò in Francia passando da Torino. Bisogna sottolineare che i benefici portati dalla legislazione napoleonica furono indubbiamente notevoli.
I nuovi codici offrivano una normativa chiara e precisa, secondo le necessità dei tempi. E a parte talune innovazioni, come il divorzio, le successioni ab intestato (cioè coloro che morivano senza aver fatto testamento) e il regime di comunione fra coniugi, viste con sospetto, il resto fu accettato favorevolmente. I membri dell'amministrazione comunale di Crescentino si prodigarono per attuare rigorosamente le disposizioni prefettizie. In particolare furono sistemate le vie di comunicazione verso Casale, Lamporo e Chivasso, aperti nuovi canali irrigatori, migliorata l'istruzione pubblica ed istituito un Comitato di Beneficenza che sostituì la Congregazione di Carità.
Un'altra conseguenza fu l'incentivazione dell'agricoltura e l'inserimento della produzione del grano e del riso in un più vasto mercato apertosi in seguito alla soppressione delle barriere doganali. Nelle campagne crescentinesi vi fu un sensibile aumento dei prodotti cerealicoli in genere. Le leggi sull'incameramento dei fondi agricoli ecclesiastici dell'abbazia di San Genuario, delle confraternite e delle opere pie locali, misero in circolazione nuove terre che confluirono non solo a ricchi possidenti, ma anche a fittavoli e mezzadri che disponevano di una certa liquidità monetaria. Questi ultimi approfittando della nuova opportunità di guadagno in proprio, si aggiudicarono vari cascinali, anche di modesta entità, dove i loro padri avevano lavorato per una lunga serie di anni.
Non mancarono tuttavia episodi di reazione contro la coscrizione militare e attacchi a funzionari napoleonici, da parte di certi esponenti della classe borghese. Nell'aprile del 1814, tre giorni dopo che gli alleati accordarono a Napoleone la sovranità dell'isola d'Elba, vi fu in Crescentino qualche manifestazione di giubilo da parte dei vecchi monarchici. Il maire Filippo Barrilis annotava che in casi come questi uno dei primi doveri di un amministratore era quello di mantenere il buon ordine e la tranquillità pubblica. Di fronte all'incertezza della situazione il Barrilis restò in carica fino al 21 giugno, indi si insediò la nuova amministrazione, alla quale presero parte molte persone della vecchia nomenclatura napoleonica. Il maire fu sostituito dal sindaco Alessandro Degregori di Balduc e uno dei maires precedenti, Felice Saracco, rimase come consigliere.